Sho-do

YKIAT - Storia del Giappone

La calligrafia, o shodo in giapponese, è l'arte della bella di scrittura, quest'arte acquisisce particolare importanza nelle lingue nella cui scrittura si usano gli ideogrammi come quella cinese e giapponese.
In cinese l'arte della calligrafia è indicata col termine "shufa" che significa "arte della scrittura" mentre in giapponese si usa il termine "shodo" che significa "via della scrittura".
La calligrafia, in giapponese shodo, ha come scopo quello di perfezionare sé stessi e affinare la propria sensibilità, tramite la scrittura infatti si esprimono sulla carta i propri stati d'animo.
L'energia che caratterizza la pratica delle arti marziali, chiamata ki, viene utilizzata anche nello shodo, il calligrafo infatti ha il compito di trasferire questa forza nei segni da lui tracciati, in questo modo lascia un'impronta di sé in tutto ciò che scrive.

Storia dello shodo
L'arte della calligrafia nasce in Cina, nel corso del tempo infatti la lingua cinese si è modificata e questi cambiamenti hanno portato alla nascita di diversi stili per scrivere il medesimo carattere.
La nascita dei caratteri cinesi è tutt'ora incerta, ma pare che i primi pittogrammi risalgano al 6000 a.C. ed erano incisi su gusci di tartaruga e su frammenti di terracotta, mentre la scrittura ideografica vera e propria pare sia nata nel XIV secolo a.C. durante la dinastia Shang.
Nell'XI a.C. con l'invenzione della tecnica di fusione del bronzo i caratteri incominciarono a essere scritti su tavolette di bronzo e i testi divennero sempre più lunghi arrivando a contare anche più di 500 caratteri.
Nell'Epoca degli Stati combattenti tra il 475-221 a.C. si diffuse poi l'uso dell'inchiostro, dei pennelli e delle tavolette bambù inoltre i caratteri venivano anche dipinti su seta, dal punto di vista dello stile calligrafico il cambio dei materiali di scrittura non porto grosse differenze, ma solo una grande confusione dovuta alla possibilità di scrivere lo stesso carattere in molti modi differenti.
Per cercare di migliorare le cose il re Zhou Xuanwang inventò lo Stile del Grande Sigillo (Da Zhuan in cinese, Taiten in giapponese) ma non risolse il problema, in seguito venne inventato lo Stile del Piccolo Sigillo (Xiao Zhuan in cinese, Shoten in giapponese) grazie al primo ministro Li Si che eliminò gli omografi, tuttavia anche il suo stile non riscosse successo perché i caratteri da lui proposti pur essendo belli esteticamente erano difficili da tracciare.
Nacque allora il più semplice Stile Amministrativo o Popolare (Li Shu in cinese, Reisho in giapponese) che utilizzava tratti più lineari e meno tortuosi del Piccolo Sigillo e rendeva la scrittura più astratta infatti i caratteri assomigliavano sempre meno a ciò che dovevano rappresentare, secondo la leggenda questo stile fu inventato da un condannato a morte di nome Cheng Miao che sperò in questo modo di farsi condonare la condanna a morte.
In seguito nacque lo Stile Corsivo o dell'erba (Cao-Shu in cinese, Shosho in giapponese) che era molto più sbrigativo perché i tratti non erano divisi in modo netto, ma al contrario spesso venivano uniti tutti insieme, questo stile fu molto usato soprattutto da poeti, pittori e calligrafi.
Sotto la dinastia Wei si diffuse poi lo Stile Esemplare o Standard (Kaishu in cinese, Kaisho in giapponese) simile a quello amministrativo ma con tratti più dritti e quindi più facile da leggere e da scrivere. Questi vari stili vennero poi usati anche dai calligrafi giapponesi che chiamarono l'arte della calligrafia shodo.

Materiali e strumenti per lo shodo
Gli strumenti che occorrono per la calligrafia o shodo sono principalmente quattro e vengono chiamati dai calligrafi "quattro tesori": il pennello, la barretta d'inchiostro, la pietra per sciogliere l'inchiostro e infine la carta su cui scrivere.
I pennelli vengono chiamati fude e né esistono di diversi materiali e spessori la scelta dipende dalla misura dei caratteri, dall'abilità e dalle preferenze del calligrafo.
I migliori pennelli sono quelli che sono costituiti da strati concentrici di setole di diversa lunghezza e ciò permette, a differenza dei pennelli occidentali, di tracciare tratti di diversa intensità.
L'inchiostro è chiamato sumi, solitamente è nero ed compresso in barrette composte da una miscela di fuliggine di legno resinoso o olio vegetale e altre sostanze, le barrette vanno strofinate nell'acqua che viene posta nella parte incavata della pietra per inchiostro chiamata suzuri, in questo modo si ottiene l'inchiostro pronto all'uso che può assumere diverse tonalità di nero.
La carta viene chiamata in giapponese kami può essere realizzata con fibre vegetali differenti e può quindi avere una diversa capacità di assorbire l'inchiostro e una diversa consistenza per il calligrafo che la sceglie con cura.

Il Pennello

YKIAT - Storia del Giappone

I primi pennelli sembra siano stati usati fin dal 5.000 a.C., insieme con l'emergere della cultura Yangshao in Cina. Ci sono numerosi vasi di terracotta decorati con marcature colorate che mostrano l'uso di pennelli primitivi.
Naturalmente, non erano come i loro cugini moderni e non avevano caratteristiche importanti quali flessibilità, assorbimento dell'inchiostro, longevità, ecc.

I primi pennelli che sono stati utilizzati esclusivamente per la calligrafia sono apparsi durante la dinastia Shang (1.600 a 1.046 a. C.). Da allora indovini  e storici scrissero storie e dipinsero personaggi su ossa di animali e gusci di tartaruga che di solito si intagliavano con un coltello affilato e, infine, strofinato con un pigmento color cinabro (rossiccio) o nero. Le iscrizioni venivano utilizzate per scopi religiosi e per annotare importanti avvenimenti storici.

Il pennello più antico che è stato trovato intatto risale a più di 2000 anni fa. E 'stato scoperto a Changsha nella provincia di Hunan. La sua storia risale al periodo degli Stati Combattenti (475-221 a.C.) ed è fatto di peli di coniglio connessi a un manico di legno.

Oggi, i pennelli sono disponibili in forme, tipologie, dimensioni e qualità diversi.
Non solo vengono utilizzati tutti i tipi di peli, ma anche foglie di bambù, piume di uccelli, e addirittura capelli umani.
Ci sono anche pennelli in nylon, ma solitamente vengono usati  per la scrittura di opere grandi e molto grandi perché possono assorbire fino a un litro di inchiostro.
Il più grande pennello in peli naturali è stato prodotto a Tianjin nel 1979. Si tratta di quasi un metro e 60 centimetri di lunghezza, di cui 20 centimetri sono occupati dal ciuffo di peli. Pesa 5 chili!

Scegliere un pennello è come scegliere uno strumento musicale. E' necessario che questo si accordi alla personalità dell’artista e al suo stile di scrittura, per ottenere da esso l'effetto desiderato.
I calligrafi di elevato livello possono avere anche centinaia di pennelli.
D'altra parte un detto giapponese che si attribuisce a Kukai (774-835) recita: “non ha scelto il pennello" significa che un buon calligrafo può adattarsi a qualsiasi strumento di scrittura.

Il pennello è un oggetto vivente. È fatto di materiali naturali come peli, bambù, ecc. Se trattato correttamente durerà per anni, anche se non è uno strumento che dura in eterno. Molti calligrafi non buttano via i loro pennelli vecchi, infatti c’è anche la consuetudine di seppellirli, in modo che si possa pregare per loro, ringraziandoli per il lavoro che hanno fatto "in vita".

Così, secondo la tradizione, i pennelli vecchi giapponesi che sono "morti", sono sepolti in un santuario scintoista o un tempio buddista, come nel caso della cerimonia che si tiene nel Tempio Tofukuji, a Kyoto, il 23 di novembre e che si chiama Fude Kujo.
Per i calligrafi spiritualmente coinvolti nella loro arte, un pennello è l'estensione della nostra anima e conseguentemente di noi stessi.